Daily Archives: 14 gennaio 2016

Taglia il pane e lo condisce con il formaggio, ottiene un risultato spettacolare

Aspettate degli amici a cena e avete voglia di stupirli con un antipasto diverso dal solito? La ricetta che vi proponiamo fa proprio al caso vostro. Vi bastano pochi ingredienti e in pochi minuti otterrete un bellissimo (e buonissimo risultato): un pane al formaggio e origano. Si tratta di una preparazione che riscuote molto successo negli Stati Uniti, ma che siamo sicuri può essere ricreata e modificata secondo il proprio gusto personale.

Gli ingredienti sono molto semplici: un filone del pane che preferite, formaggio, burro, origano, sale, pepe e aglio.

Tagliate il pane proprio come mostrato nel video, in modo da creare dei bastoncini, quindi tagliate il formaggio e inseritelo negli spazi che avete creato. La base del pane deve rimanere intatta. Fate sciogliere il burro e mescolatelo insieme a origano, sale, pepe e aglio, quindi versatelo sul pane. Informate a 200° per 15/20 minuti.

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NON BUTTATE LE BOTTIGLIE DI VINO E BIRRA: ECCO COSA POTETE FARCI

bottiglie vetro riciclo CREATIVO

Riciclare le bottiglie di vetro in maniera creativa è un modo per risparmiare e al tempo stesso mettere alla prova la propria fantasia. Se il vostro bidone delle immondizie è pieno di bottiglie di vetro, di vino o di birra, o di qualsiasi altra bevanda, prima di liberarvene completamente forse è il caso di dare un’occhiata a queste 10 possibilità di riciclo. Ecco dunque 10 idee creative, da mettere in pratica fin da subito:

1) Lampade da tavolo

Le bottiglie della birra e del vino possono diventare lampade da tavolo: è sufficiente realizzare, con l’ausilio di una punta di vetro, un foro e inserirvi all’interno un filo di luci.

2) Porta candele

Un altro suggerimento è quello di dare vita a dei porta candele, magari ottenuti tagliando le bottiglie a metà. Basta avere a disposizione un kit per tagliare le bottiglie, e in poco tempo si ottiene quel che si desidera.

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3) Scaffali

Avendo delle mensole di legno e delle bottiglie di vetro – purché siano tutte delle stesse dimensioni – si possono creare degli scaffali alquanto originali, come quelli creati dall’azienda scozzese Zero Waste Design.

4) Alberi di Natale

Sono sempre più diffusi, e decisamente spettacolari dal punto di vista estetico, gli alberi – di Natale e non solo – realizzati con le bottiglie di vetro: a Shanghai, per esempio, nel 2009 sono state adoperate mille bottiglie di Heineken per dare vita a un albero magnifico.

bicchieri

5) Bicchieri

Sembra strano dirlo, ma dalle bottiglie di vetro si possono ricavare… dei bicchieri di vetro. Anche in questo caso, è indispensabile tagliarle a metà (vi basterà incidere la bottiglia con un cutter da vetro, poi usare una fiamma per scaldare la linea che avete inciso, ed infine passare attorno all’incisione con un cubetto di ghiaccio. Pochi istanti dopo la bottiglia si romperà lungo tale linea).

6) Torce

Se le torce Tiki in bambù sono poco gradite, non c’è soluzione migliore che prepararle con le bottiglie di vetro. Lo dimostra la proposta di Design Sponge, che offre lampade minimali e dallo stile moderno ricavate da semplici bottiglie di vino. Il vantaggio garantito da questi oggetti è duplice: si tratta, infatti, di torce che costano molto poco e che possono essere montate direttamente al muro.

bottiglie

7) Lampadari

Un’idea molto fantasiosa è quella di realizzare un lampadario con delle bottiglie di vetro rovesciate. Ci vuole, in questo caso, un po’ di maestria, con la giusta esperienza nel fai da te.

8) Vasi lavagna

Grazie alla vernice lavagna, chiunque ha la possibilità di trasformare una bottiglia in cui era contenuta l’acqua in un vaso trendy e dall’aspetto molto intrigante, sul quale sarà divertente disegnare e scrivere tutto quello che si desidera.

campanelli

9) Campanelli

Le bottiglie di vetro possono essere riciclate in modo creativo anche tramite una trasformazione in bell chimes. Il kit per tagliare il fondo permette di eseguire il lavoro senza difficoltà, e con un po’ di spago, un pezzo di rame battuto e una palla di legno le campane sono pronte per essere suonate.

10) Alimentatori per uccelli

Infine, l’ultima proposta per riciclare le bottiglie di vetro in modo utile e interessante è quella che prevede di dare vita a degli alimentatori per uccelli. Le bottiglie vanno appese a testa in giù a un gancio, e al loro interno va inserito un piccolo tubicino che esca dal collo e che permetta ai volatili di nutrirsi.

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LO SAPEVATE? C’è un villaggio segreto dove i nudisti girano senza abiti da 85 anni.

Amminare per strada, lavorare e persino svolgere mansioni quotidiane e domestiche come lavare l’auto o aggiustare l’antenna della tv: tutto rigorosamente nudi. A Spielplatz, in Hertfordshire (Regno Unito), c’è un vero e proprio paradiso terrestre, un piccolo e segreto villaggio di nudisti nato 85 anni fa. La comunità offre un interessante spaccato su una delle più antiche colonie naturiste della Gran Bretagna. A Spielplatz se entri in un pub ti servono la birra senza niente addosso e mostrano le proprie grazie con naturalezza e disinvoltura. Isotta Richardson, 82 anni, figlia del fondatore del villaggio Charles Macaskie, ha vissuto lì dalla nascita e insiste: “La nostra vita è ordinaria e normale come tante altre, ma solo noi abbiamo la fortuna di vivere in questo luogo straordinario”. Visitare questo villaggio è però proibitivo: vietato indossare abiti.

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A NAPOLI SI DIFFUSE UNO STRANO OGGETTO CHE FECE SORRIDERE MEZZA EUROPA: IL BIDET

SI DIFFUSE UNO STRANO OGGETTO DEL DESIDERIO CHE FECE SORRIDERE MEZZA EUROPA: IL BIDET

Il bidet ha sempre avuto una cert’aria di sconvenienza continentale, e non è mai stato accettato del tutto.

Qui, non si scappa. Il comma 3 dell’articolo 7 del Decreto ministeriale sulla sanità del 5 luglio 1975, lo afferma chiaramente: «Per ciascun alloggio, almeno una stanza da bagno deve essere dotata dei seguenti impianti igienici: vaso, bidet, vasca da bagno o doccia, lavabo». Ma, qui, siamo in Italia, e l’installazione del bidet è una delle condizioni per ottenere l’idoneità igienico-sanitaria, propedeutica alla certificazione di abitabilità di un appartamento. Qui, è un obbligo, e non dobbiamo farci prendere per il… naso: nonostante la parola suoni alla francese, andate a cercarlo, il bidet, nell’elegantissima Francia di Coco Chanel e di Yves Saint Laurent. E non è una questione di mancanza di spazi, sarebbe troppo facile: anche nelle dimore più lussuose e snob, negli alberghi a otto stelle con bagni da enne metri quadrati, in case con cucine faraoniche e cantinole grandi come piazze d’armi, quello strano aggeggio, basso, di solito in ceramica e accanto alla tazza sanitaria che omologa belli e brutti, è quasi totalmente misconosciuto. L’uso del bidet, e questa è la prima verità rivelata, è una questione culturale. In Germania, il giornalista tedesco Nikola Obermann ha messo tutti in guardia, lo strano oggetto del desiderio è in estinzione, in Francia lo adoperano per il pedicure o come piccola vasca per mettere a mollo i vestiti, in Inghilterra per mantenere le bottiglie di birra in fresco: «Se ne avete uno, conservatelo. Presto sarà un pezzo da museo…» (N. Obermann, das Bidet, in «Karambolage» del 29 novembre 2009).

Il nome e l’accento dell’idro-sanitario (i dizionari schedano il bidet proprio in questo modo) farebbero intendere palesemente le sue origini francesi. Ma l’oscuro strumento, che violando ogni privacy guarda tutti dal basso verso l’alto, fu veramente inventato da un cittadino di Francia? E qual è la vera storia del bidet? Come mai i paesi europei lo condannarono, e poi l’oscena invenzione trovò la sua gloria proprio a Napoli, con i Borbone?

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Se ne parlò la prima volta nel 1726, la versione ufficiale, almeno, così racconta. Il primo documento che attesterebbe l’esistenza del bidet è la memoria di un nobile che fu anche ministro degli Esteri, René Louis de Voyer marchese d’Argenson, il quale frequentava le stanze private della florida ventottenne adorata da Voltaire, madame de Prie (Jeanne-Agnès Berthelot de Pléneuf), ex amante del Reggente di Francia sotto Luigi XV, il duca Luigi-Enrico di Borbone. Un giorno, il marchese d’Argenson entrò nel gabinetto di madame de Prie sorprendendola scosciata, a cavalcioni su un bidet, all’epoca quasi un arnese esotico, molto più ammiccante e pruriginoso di un gingillo erotico. Il marchese strabuzzò gli occhi, a disagio, con lo sguardo puntato sulla pelle nuda della donna cercò di ritirarsi, tuttavia la ragazza lo invitò a rimanere, maliziosamente. «Ne seguì una situazione imbarazzante quanto piccante. “Permettete, madame”, disse il marchese, “che io possa inaugurare questa vostra pulizia”. Ed effettivamente d’Argenson, preso da subitaneo trasporto, abbracciò le natiche di Madame de Prie» (L. Spadanuda, Storia del bidet: un grande contenitore ideologico, 1998).

In quel periodo, il bidet era come quello di oggi, il tempo e il design non lo hanno ammuffito, casomai hanno aggiunto al prototipo iniziale acqua corrente, la rubinetteria per miscelare caldo e freddo, un getto a spruzzo al centro della vasca per irrorare le parti bisognose (in disuso, per lo più) o una doccetta virtuosa, ma, nella sostanza, è come allora: un piccolo tino di forma ovale appoggiato sopra uno scheletro di legno con tre o quattro piedini terminali a sostegno. La preziosità dell’oggetto, che in modo casto inizialmente chiamavano “sedia di pulizia”, era data dal confezionamento degli ebanisti i quali lo raffinavano con intarsi preziosi, gemme e ori secondo i gusti dei propri laboratori e della moda (anch’essa privata ed esclusiva).

La parola che lo denomina, bidet, identificherebbe la “cosa” come francese. Ma, beninteso, è soltanto una delle teorie. La più accreditata, che è anche la più semplicistica, farebbe risalire il termine al tipo di utilizzo dell’oggetto su cui si sale in groppa come su un cavallo: alcuni studiosi di etimologia fanno derivare il nome dal celtico bid, che significa “piccolo” (in gaelico, bideach: “piccino”), e poi a una parola italiana desueta, bidetto, con cui si indicava un cavallo di minuta statura e, in senso figurato, un «vaso su cui uno si siede per lavarsi». E se, invece, fosse il cognome dell’inventore, tal Alphonse Bidet? Un valdostano emigrato a Parigi dalla valle alpina di Valtournenche alla fine del Seicento, appassionato d’idraulica: il giovane Alphonse, prima di morire, avrebbe consegnato a un mobiliere della famiglia reale, Christophe Des Rosiers (altre fonti, però, parlano di un certo Marc Andre Jacoud, che rivendicò l’invenzione), il prototipo utilizzato per le sue bagnature intime. Des Rosiers battezzò il pezzo igienico con il patronimico del giovane idraulico emigrante morto prematuramente, lo produsse in serie e riuscì a piazzarlo all’interno della reggia di Versailles in almeno un centinaio di pezzi. I bidet, però, non ebbero la fortuna sperata; nell’arco di un solo decennio gli stravaganti aggeggi furono dismessi uno dopo l’altro e finirono con l’allietare le giornate calde delle prostitute nei bordelli di Parigi: il bidet è tornato da dove era venuto, si disse.

18th_century_bidetIl curioso e ambiguo attrezzo sanitario provocò non poche alzate di scudi nel Settecento, illuminato ancorché bigotto quanto basta per confondere il bidet con una bacinella per sospette abluzioni rituali in odore di eresia, o di erotismo. Il rapporto d’intimità che si crea tra il fruitore e lo strumento del diavolo, fece pensare a una relazione malata con il corpo il quale, non si sa bene per quale motivo, sembrò che improvvisamente avesse bisogno di cure e di igiene, addirittura intime. Il fattore maggiormente spiazzante di queste prese di posizione è che non furono solamente i religiosi a salire sulla barricata anti-bidet, ma l’aristocrazia benpensante e moralizzatrice. Mentre gli antichi romani fecero delle terme un amabile luogo d’incontro, il cambio di prospettiva cristiana etichettò i bagni pubblici come seminaria venenata, i “focolai del vizio”; gli uomini di chiesa, memori della formazione degli anacoreti, si convinsero che l’acqua fosse un’insidia del demonio, una blandizia che attira gli uomini (peggio se donne) nella trappola della vanità e della cura di se stessi. Insomma, il bidet – che costringe a guardarsi e a toccarsi le parti del peccato – avrebbe sicuramente spedito tutti quanti all’inferno. La mortificazione del corpo non può convivere con l’igiene, e l’igiene fa a pugni con la morale: il paradosso fu nel considerare antigienico, e cioè malsano, il lustrarsi. Il sudiciume, invece, aveva virtù celesti, perciò i Padri della Chiesa inveirono contro la cura delle membra: san Girolamo predicava alle giovanette di farsi il bagno nell’oscurità, poiché altrimenti sarebbero incorse nel pericolo di vedersi nude; Gregorio Magno affermava che lavarsi era un lusso, dacché faceva perdere tempo; nei conventi medievali, muniti di enormi tinozze, per non peccare, era concesso prendere bagni solamente a ogni inizio di stagione. L’odore acre indirettamente promulgato dalla religione cattolica condizionò il comportamento, i costumi e anche le attività amatorie. La mancanza di nitore nelle parti basse fece crollare la borsa delle laboriosità orali, il sesso con la lingua di lui, o con la bocca di lei, era sconveniente giacché indecente, ma non solo: cunnilingus e fellatio erano ugualmente sconsigliati a causa della inadeguata condizione igienica delle parti da diletto le quali emanavano miasmi mefitici da cloaca. Dal punto di vista maschilista, gli effetti disastrosi della condizione sanitaria confermarono quanto avevano predicato san Girolamo delle donne che, non a caso, aveva chiamato saccum stercoris («sacco di merda»), e Tertulliano «un tempio di carne costruito su una fogna» o, meglio: «la porta del diavolo» (De cultu feminarum).

Si arrivò, quindi, al Settecento con quest’oscuro vergognoso retaggio intellettuale sulla pulizia intima e sui lavacri a cavalcioni sul bidet, inaspettatamente assurto a emblema del meretricio e a stravagante e sensuale oggetto piccante, protagonista finanche nella letteratura erotica di alcuni scrittori che si celarono dietro anonimato (Denis Diderot, o Jean-Baptiste de Boyer?) e del Divin marchese, Donatien-Alphonse-François de Sade, un maestro del genere. Per quanto tra i reali a Versailles andasse di moda la sala da bagno separata in un ambiente autonomo, il bidet continuò a essere uno strumento ben oltre ogni decenza, utilizzato per chissà quali sconci scopi dalle prostitute nei bordelli (qualcuno suppose addirittura fosse un adeguato mezzo anti contraccettivo), e l’attrezzo di lavoro – di “quel” lavoro – fu ripudiato, espulso sia da Versailles sia dalle abitazioni aristocratiche à la page.

Per come andarono le cose, e per l’atmosfera da caccia all’untore che tirava, la notiziola che intorno al 1739, in Francia, il bidet fosse pubblicizzato con la dicitura “custodia per violino in porcellana”, oppure con “stringhe di chitarra su tre piedini”, non può fare intendere che fosse il banale errore interpretativo di uno sciocco addetto al marketing ante litteram, bensì un modo un po’ astuto e un po’ tonto per aggirare il bigottismo e nascondere la reale identità del manufatto libertino.

Proprio in quegli anni, non molto tempo dopo, a Napoli arrivò Maria Carolina d’Asburgo Lorena, la regina straniera, dal 1768 moglie di Ferdinando, per il quale fu una musa ispiratrice. Il giorno in cui, dopo un lungo viaggio, sbarcò a Terracina e giunse nella capitale borbonica, fu una grande festa, al duomo sua maestà donò a san Gennaro una «ricca crocetta di zaffiri e di brillanti» (G. Buttà, I Borboni di Napoli al cospetto di due secoli, 1877) e il popolo la acclamò pur non conoscendone le virtù: ancora nessuno poteva sapere – e apprezzare – le novità che la giovanissima sovrana trainava con sé nel proprio baule viennese. Maria Carolina, oltre a essere la figlia numero tredici di Maria Teresa d’Austria e dell’imperatore Francesco I, era una donna intelligente e volitiva. Dal 1775, con la nascita del primogenito, prese in mano la politica di corte, contribuì al distacco del regno dalla monarchia spagnola, e la vecchia élite ebbe le ore contate: «Carolina d’Austria, figlia di potente monarca, era bella di aspetto, non compiva gli anni sedici, ed avea senno maturo e virile: essa attirò gli sguardi del popolo, e tutti videro in Lei un’arra di regno felice. Tanucci [ex reggente, ministro di re Ferdinando di Borbone, n.d.a.] e Carolina si guatarono in cagnesco, non per disparità di principii, ma per gelosia di potere» (G. Buttà).

Maria Carolina portò a Napoli una ventata d’aria effervescente che a corte scompigliò il clima stantio; dal punto di vista dell’igiene, poi, la sua fu una rivoluzione. Non bisogna pensare, tuttavia, che la sovrana scandalizzasse i suoi sudditi, né che qualcuno osasse paragonarla a una cocotte o a una malafemmena, come sarebbe sicuramente accaduto altrove. Tutt’al più, qualche motteggio: pare che proprio per lei furono scritte le sestine goliardiche de La culeide, stampate e diffuse clandestinamente a Strasburgo nel 1842. Gabriele Rossetti (l’ipotesi è controversa, l’autore ignoto potrebbe essere il marchese di Caccavone, al secolo Raffaele Petra), poeta risorgimentale abruzzese-napoletano, per vendicarsi della soppressione dei moti liberali del ’99, nascose la propria identità con l’anonimato e prese in giro il «sacro monte» reale, sebbene la sovrana fosse da tempo all’aldilà. Non è dato sapere con certezza se Rossetti fosse a conoscenza del licenzioso bidet nell’appartamento di Caserta, tuttavia è a una certa Carolina – o alle sue maestose pudenda – che dedicò il poemetto:

Non canterò di favolosi Numi gli oracoli bugiardi; o di feroci mentiti eroi le gesta, ed i costumi; le gloriose colpe, o i casi atroci. Gli orrori o i sogni d’una età ferina non vo’ cantar; ma il cul di Carolina. […] Come placida viene al lido l’onda quando lieve sul mar Zeffiro scherza, che alla prima succede la seconda, e questa torna e va a lambir la terza, lieta d’un bacio al sen di Mergellina, così movesi il cul di Carolina.RossettI

Nonostante il cattolicesimo dominante, la regina Maria Carolina trovò un terreno pronto ad accogliere le innovazioni. A differenza con gli altri paesi europei, qualche secolo prima dell’insediamento della regina di Vienna, infatti, nell’anno Mille la Campania aveva ospitato una donna straordinaria spesso dimenticata, Trotula de Ruggiero, la più famosa tra le Mulieres salernitanae, le dame della Scuola Medica Salernitana con cui la nobildonna scienziata operò. Trotula fu il primo medico moderno di sesso femminile, a lei sono attribuiti studi fondamentali che, dal punto di vista scientifico, fondarono le discipline della ginecologia e dell’ostetricia (De passionibus mulierum ante in et post patrum). In un trattato sulle cure mediche delle donne, e a loro rivolte «perché non parlano volentieri delle loro malattie agli uomini, per un sentimento di pudore», nonostante il divario di circa settecento anni, la sapiente si dimostrò molto avanti rispetto alla tradizione medica del XVIII secolo, e alle stesse usanze dell’epoca dei Lumi:

bidet-anticoPrima dell’accoppiamento la donna dovrà pulirsi i genitali interni con le dita avvolte in lana asciutta. Successivamente, dovrà strofinare accuratamente gli organi interiori ed esteriori con un panno perfettamente candido. Quindi, dovrà divaricare le gambe così da permettere il deflusso completo di ogni fluido delle sue parti interne. Ciò fatto dovrà inserire tra le gambe il panno di lana e unire le gambe molto strettamente per asciugarle con cura. Poi, dovrà masticare la polvere di cui ho fatto cenno in altra parte dell’opera e strofinarsene le mani e i seni, cospargendo quindi acqua di rose sul pelo pubico, sul pube stesso e su tutte le parti adiacenti, senza dimenticare il viso e le orecchie. Così preparata, avvicinarsi al maschio (De passionibus mulierum curandarum, 1050 ca.).

Trotula, perciò, costituì la coltura su cui attecchì il seme dissoluto del bidet a quattro gambe in stile Luigi XV del bagno personale di Maria Carolina, un’idea di civiltà e di pulizia personale che fu aliena anche durante il secolo successivo. In Inghilterra, ancora nell’Ottocento, la pudica società vittoriana guardò all’igiene – e in particolare al bidet – come a una bizzarria continentale, un po’ come accade oggi, vista la posizione che ricopre la Gran Bretagna nella classifica dell’intima pulizia.

La regina Maria Carolina di Borbone, negli appartamenti privati in stile rococò della reggia di Caserta, realizzò, per prima, il “Gabinetto a uso del bagno” e il “Gabinetto a uso del ristretto”, una toilette all’avanguardia in cui introdusse pure l’innovazione dell’allacciamento della vasca alle condotte d’acqua corrente e i rubinetti miscelatori caldo/freddo, tanto da fare a meno degli inservienti di corte, un po’ guardoni e un po’ pettegoli. Con la sovrana, l’oggetto peccaminoso trovò finalmente la propria identità, e anche la riservatezza. Il lascivo e osceno strumento fu messo al riparo da occhi indiscreti, in un camerino appena distaccato, in modo che nessuno potesse scorgere Maria Carolina in atteggiamento intimo con se stessa. A tutela della discrezione delle graziose forme del posteriore reale, furono apposti un guardiano di specchi, attraverso i quali Maria Carolina era in grado di scorgere eventuali curiosi in avvicinamento o in agguato, e un dubbio simbolo ammonitore, alcune testine scolpite con gli occhi bendati: potevano sia indicare che in quel luogo non era legittimo sbirciare, sia minacciare sfortuna al malcapitato voyeur che rischiava la maledizione dell’indovino Tiresia, il quale divenne cieco dopo aver visto le forme senza veli della dèa Atena.

Nel resto dei grandi paesi europei il bidet fu quasi del tutto dimenticato. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se all’indomani della conquista militare del Sud, i funzionari sabaudi addetti all’inventario del magnifico palazzo reale di Caserta – la risposta napoletana a Versailles – rimasero sconcertati: si trovarono davanti un articolo curioso, mai visto, e di cui non conoscevano l’esistenza (A. Forgione, Made in Naples). Non sapendo come classificarlo, nel pubblico registro archiviarono il bidet della sovrana con una semplice descrizione che, se non fece ridere loro a quel tempo, fa certamente sorridere noi ora: «Oggetto sconosciuto a forma di chitarra».

Fonte: Maurizio Ponticiello

La prof si spoglia per insegnare anatomia

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Come catturare l’attenzione dei tuoi alunni e far capire loro come è fatto il corpo umano? Basta spogliarsi. Nel modo giusto, però.

Lo ha capito bene Debby Heerkens, insegnante alla Groene Hart Rijnwoude nei Paesi Bassi. Durante una lezione di anatomia, è salita in piedi sulla cattedra e si è levata pantaloni e maglia, rivelando sotto una tuta aderente che riproduceva perfettamente il sistema muscolare.

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Cosa nasconde l’ansia di aver sempre tutto pulito e in ordine?

Questa forma d’ansia è molto diffusa e alla sua origine nasconde un forte bisogno di controllo e un distorto desiderio di pulizia mentale; ma di quest’ansia ci si può liberare

Una forma d’ ansia da non sottovalutare

Mamme che continuano a mettere a posto i giochi dei figli; mariti che ripassano con metodicità sulle cose già riordinate dalla moglie; donne che non riescono ad andare a letto la sera se non hanno concluso tutte le faccende domestiche; persone che sul lavoro tengono la scrivania libera e pulita come un tempio. Sono quattro esempi che parlano dell’ ansia dell’ordine, un problema così diffuso che forse nessuno di noi può dire di non averlo mai incontrato.
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Quando l’ansia ci parla di emozioni ipercontrollate

Certo, saper tenere in ordine l’ambiente in cui si vive o si lavora denota equilibrio interiore e chiarezza mentale; ma c’è un punto superato il quale questa capacità diventa ansia, fino all’ossessione: quando cioè non si può fare a meno di mettere sempre tutto a posto, quando non si riesce a smettere, quando un po’ di disordine può rovinare la giornata creando una sgradevole sensazione di “incompiutezza” che porta dritti all’ ansia.

Più vorremmo controllare tutto, più ci assale l’ansia: un circolo vizioso

Si tratta a tutti gli effetti di una forma d’ ansia acuta, nella quale si scarica un fortissimo bisogno di controllo. Di solito è un modo inconsapevole per impedire alle emozioni di emergere, o per gestire insicurezze radicate, o per sentirsi a posto con la coscienza: in questo caso l’ordine, ad esempio della casa, diventa per analogia un ordine morale, un senso di “pulizia interiore”, e le geometrie con cui si risistemano le cose offrono l’idea di “rettitudine”. In pratica la persona sta tenendo a bada qualcosa e al contempo sta mantenendo il suo equilibrio grazie a queste azioni rituali, che però hanno un prezzo alto: la mancanza di libertà nel vivere il proprio tempo e l’impossibilità di lasciarsi andare pienamente al relax, alle emozioni, ai cambiamenti.

I segnali da non sottovalutare: scopri se sei a rischio ansia da disordine

Più agiamo per rimuovere il disordine, più la dimensione del “caos” si farà strada dentro di noi in modi inaspettati: è quindi inutile cercare di fuggirla; molto meglio accoglierla e imparare a viverla un po’ alla volta. Per prima cosa prestiamo attenzione ai seguenti segnali, che si affacciano nella vita di tutti i giorni. Testimoniano di una situazione psicologica particolare, che può trovare proprio nella ricerca spasmodica di ordine un suo tentativo di sfogo. Per ognuno, vi proponiamo una possibile via d’uscita più produttiva.

– Hai spesso reazioni scomposte e irritate per nulla.

La causa: probabilmente stai accumulando aggressività.

Cosa fare: esprimi subito le tue contrarietà, non covare astio, sii diretto.

– Ti distrai sempre, non sai stare “sul pezzo”.

La causa: forse hai riempito il tuo tempo di attività che non ti interessano davvero.

Cosa fare: arricchisci la tua vita di elementi interessanti, pescandoli anche nel tuo passato (cose che ti piacevano fare ma che ora hai abbandonato).

– Ti capita spesso di provare ansia

La causa: ti sei imposto una morale troppo rigida, specialmente in ambito sessuale.

Cosa fare: sii più elastico e cedevole, concediti qualcosa senza eccedere nei sensi di colpa.

– Hai frequenti sintomi fisici, anche se di poca importanza.

La causa: un eccesso di autocontrollo impedisce il fluire libero delle emozioni.

Cosa fare: dedicati di più al tuo corpo, fai uno sport che ti piace, vai in palestra, fai attività che ti procurano piacere.

– Fai pensieri caotici e logorroici, continui a rimuginare.

La causa: hai paura di incontrare il tuo vuoto interiore.

Cosa fare: rallenta le tue azioni, prova a vivere momenti in cui non fai nulla, senza domandarti il perché.

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Arriva tardi a scuola, la giustificazione: “È morto Bowie”

Sui social circola la foto di una giustificazione scritta: “L’alunna entra alle 9 per la morte di Bowie”

Si è presentata a scuola in ritardo di un’ora. Ma la cosa più assurda è la giustificazione scritta e presentata ai docenti.

“L’alunna della classe 5a E chiede il permesso di entrare alle ore 9.00 del giorno 11/01/16 per il seguente motivo: Morte David Bowie“. La foto della folle giustificazione è stato postato su Twitter dall’utente @neodie che assicura essere vera ed è subito stata condivisa da migliaia di persone

mpossibile ovviamente capire se sia reale e se sia stata firmata da un genitore – trattandosi di una quinta potrebbe essere stata firmata dalla stessa alunna maggiorenne -, né se sia effettivamente stata presentata – e accettata – ai docenti.

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Cane eroe salva bimba smarrita: l’ha scaldata tutta la notte

Il suo fedele amico, un piccolo meticcio, le è stata accanto per ben sette ore, scaldandola con il suo pelo e quando ha sentito avvicinarsi i soccorritori avvicinarsi, grazie ai suoi latrati, li ha condotti dalla piccola Sophia.

La piccola e il suo cagnolino sono stati rinvenuti a pochi metri dal ciglio di una diga nei pressi di Warragul, cittadina a sudest di Melbourne. Sophia si era persa mentre giocava distratta fuori casa, ma la fortuna ha voluto che Poppy, suo fedele amico, l’abbia seguita tenendola lontana dai pericoli.

“È stato fondamentale per il salvataggio”, ha detto ai media australiani il sergente Graeme Carter della polizia di Warragul. “È stato lui a segnalarci la presenza di Sophia con il suo abbaiare”.

La bimba al momento della scomparsa aveva indosso soltanto una maglietta e il pannolino e ai piedi non aveva nemmeno le scarpette. Se non fosse stato per le cure del suo fedele amico, che l’ha scaldata, la fredda notte australiana avrebbe potuto ucciderla. “Eravamo certi che l’avrebbe protetta”, ha detto la nonna di Sophia”.

Poppy è diventato un vero eroe e si è sicuramente meritato una bella dose extra di cibo e coccole.

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