Daily Archives: 16 dicembre 2015

Spezzatino con mele e radicchio

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Ingredienti.: (per 2 persone)
gr. 700 di spezzatino di manzo
2 mele Golden
2 radicchi (tipo lungo)
1/2 cipolla
2 cucchiaini di paprika dolce
2 cucchiaini di paprika forte
2 cucchiai rasi di dado granulare classico senza glutammato Skaj’s
olio extravergine di oliva
vino bianco secco
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Preparazione:

Pulite, tagliate il radicchio a listarelle, lavatelo e scolatelo. Sbicciate le mele e tagliatele a dadini. Tagliate a pezzettini la cipolla. In una casseruola a bordi alti soffriggete la cipolla con le mele per qualche minuto, unite il redicchio e cuocete finchè non si sarà “ammosciato”. Aggiungete lo spezzatino e fate cuocere finchè tutto l’eventuale liquido che rilascerà la carne sarà evaporato e vedrete che inizierà a colorirsi; a questo punto sfumate con un pò di vino e attendete che sia del tutto evaporato. Versate 1 litro di brodo (io acqua bollente + dado granulare) e i cucchiaini di paprika. Mescolate bene, coprite tenendo il coperchio semi aperto, utilizzando un mestolo e cuocete per circa 2 ore a fuoco medio/basso finchè sarà cotto e ristretto ma non completamente asciutto, altrimenti che scarpetta fate?

Facebook, presto sapremo quando un contatto sta scrivendo un commento

 

 

 

 

 

 

 



Facebook, la nuova funzionalità è già in fase di test su alcuni account

Facebook, presto saremo in grado di vedere in tempo reale se uno dei nostri contatti sta scrivendo un commento sotto un nostro post.

Il gigante del social, dopo aver acquistato anche WhatsApp, il servizio di messaggistica instantanea più utilizzato al mondo,  cerca in tutti i modi di far rassomigliare le due piattaforme. L’obiettivo sembrerebbe quello di fidelizzare l’utente inserendo nell’uno e nell’altro servizio le feature più apprezzate. Probabilmente questo non è il metodo più corretto per attirare gli utenti, almeno a mio avviso. La privacy, elemento essenziale che ormai si è perso fra un “like” ed un “ultimo accesso alle…”, sta per svanire definitivamente  grazie alle continue implementazioni all’interno dei social network. Per spiegare meglio la questione basta esaminare l’ultima novità di Facebook.

 

Natale con la Luna Piena, non accadeva dal 1977

luna piena Natale

Luna piena la notte di Natale. Non accadeva dal 1977. Un’occasione da non perdere visto che la prossima volta accadrà nel 2034. Una concomitanza talmente rara che, facendo due calcoli, dal 1900 al 2099 si è verificata e si verificherà per sole otto volte.

Molti di noi sono cresciuti con l’immagine della slitta di Babbo Natale che si staglia con una luna immensa sullo sfondo. Bene, probabilmente la magica atmosfera natalizia di questo 2015 ci donerà un regalo in più da ammirare. La luna piena di Natale, ovviamente, non ha una portata scientifica di rilievo. Nel senso che a renderla speciale non è il fenomeno in sé, quanto la notte in cui illuminerà i nostri cieli.

Quel che di astronomico va segnalato è il passaggio della cometa Catalina. Come ogni Natale che si rispetti, infatti, anche questo non poteva deludere le aspettative ma, soprattutto, la tradizione. Tuttavia, il chiarore del nostro satellite potrebbe comprometterne la visione.

Nel corso dei giorni antecedenti il plenilunio, quindi già dal 23 dicembre, la Luna incrocerà la Aldebaran, una stella appartenente alla costellazione del Toro nonché la quattordicesima più luminosa del cielo notturno. Un fenomeno che si è già verificato alla fine dello scorso mese di ottobre. Si tratta di una gigante arancione, 500 volte più luminosa del nostro Sole e distante dalla Terra 65 anni luce. Uno spettacolo, quindi, davvero da non perdere.

Il momento cruciale del plenilunio sarà purtroppo in pieno giorno, ovvero alle 12:15 del giorno di Natale. Tuttavia, già la sera della vigilia in nostro satellite sarà ben visibile e suggestivo. Come abbiamo anticipato, infatti, l’ultima volta è accaduto nel 1977. Ad ogni modo, chi non vuole pazientare 23 anni per la prossima coincidenza, non dovrà far altro che lasciare il cenone natalizio per un spettacolo decisamente più affascinante.

fonte:qui

Usano facebook, ma non comprendono la realtà, i nuovi analfabeti!

Analfabetismi di vario tipo

Un analfabeta non è più solo una persona che mette una X al posto del suo nome, ma come ci ha ricordato l’OCSE pochi giorni fa, è anche una persona che sa scrivere il suo nome e che magari aggiorna il suo status su Facebook, ma che non è capace “di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”.
Certo, sono due analfabetismi diversi: quello di secondo tipo si chiama analfabetismo funzionale e riguarda quasi 3 italiani su 10, il dato più alto in Europa.

Un analfabeta funzionale, apparentemente, non deve chiedere aiuto a nessuno, come invece succedeva una volta, quando esisteva una vera e propria professione – lo scrivano – per indicare le persone che, a pagamento, leggevano e scrivevano le lettere per i parenti lontani.
Un analfabeta funzionale, però, anche se apparentemente autonomo, non capisce i termini di una polizza assicurativa, non comprende il senso di un articolo pubblicato su un quotidiano, non è capace di riassumere e di appassionarsi ad un testo scritto, non è in grado di interpretare un grafico.
Non è capace, quindi, di leggere e comprendere la società complessa nella quale si trova a vivere.

Tre italiani su 10, ci dice l‘OCSE, si informano (o non si informano), votano (o non votano), lavorano (o non lavorano), seguendo soltanto una capacità di analisi elementare: una capacità di analisi, quindi, che non solo sfugge la complessità, ma che anche davanti ad un evento complesso (la crisi economica, le guerre, la politica nazionale o internazionale, lo spread) è capace di trarre solo una comprensione basilare.
Un analfabeta funzionale, quindi, traduce il mondo paragonandolo esclusivamente alle sue esperienze dirette (la crisi economica è soltanto la diminuzione del suo potere d’acquisto, la guerra in Ucraina è un problema solo se aumenta il prezzo del gas, il taglio delle tasse è giusto anche se corrisponde ad un taglio dei servizi pubblici…) e non è capace di costruire un’analisi che tenga conto anche delle conseguenze indirette, collettive, a lungo termine, lontane per spazio o per tempo.

Sarà che forse sono un po’ analfabeta funzionale anche io, ma leggendo i dati dell’OCSE ho subito pensato ad un dialogo di qualche anno fa, tra me e una collega.
All’epoca ero una maestra della scuola primaria. Era una bella giornata di sole: io e la mia collega di italiano avevamo portato le classi in terrazza per la ricreazione e parlavamo del più e del meno. Ad un certo punto mi è venuto in mente di consigliare alla collega di italiano la lettura di un libro che avevo appena terminato e lei mi rispose, candidamente: Grazie, ma io non leggo libri.
Mai? chiesi.
Mai – rispose la collega – l’ultimo libro l’ho letto quando ho preso la maturità, perché dovevo portarlo all’esame. Non ho mica tempo, per leggere, e poi mi annoio.

Davanti ai dati dell’OCSE l’ex Ministro Carrozza si è affrettata a sottolinearne la drammaticità chiedendo una forte inversione di tendenza.
Ma, anche se all’allarme corrispondesse un reale investimento dell’attuale Governo – e, purtroppo, la storia recente ci porta a dubitarne – quale diga fermerà il crollo verticale della cultura degli italiani, se a chi ci deve rappresentare e a chi ci deve insegnare non si impone di essere più preparato, e non meno preparato, del proprio popolo, dei propri impiegati, o della propria classe?
Non esiste cura, se i primi a rifiutare la complessità e l’approfondimento sono i nostri insegnanti, i nostri manager, i nostri politici.

La scuola italiana, da sempre fondata sul dogmatismo, ha visto annullate le proprie spinte verso un insegnamento diverso, riducendosi alla trasmissione di competenze inutili, perché si dimenticano il giorno dopo l’interrogazione, e che non insegnano a capire, ad analizzare, a criticare, a soppesare, a riassumere.
Era il 1974, quando Sergio Endrigo, ispirandosi a Gianni Rodari, incise su un disco questo prologo illuminante: Napoleone Bonaparte nacque ad Ajaccio il 15 agosto del 1769. Il 22 ottobre del 1784 lasciò la scuola militare di Briennes con il grado di cadetto. Nel settembre del 1785 fu promosso sottotenente. Nel 1793 fu promosso generale, nel 1799 promosso primo console, nel 1804 si promosse imperatore. Nel 1805 si promosse re d’Italia. E chi non ricorderà tutte queste date, sarà bocciato!

Dal 1974 le cose, se possibile, sono generalmente peggiorate.
I parametri Invalsi – lo strumento Europeo per la valutazione delle competenze – sono diventati in fretta praticamente l’unica cosa che la scuola si preoccupa di insegnare, riducendo la lungimiranza dell’insegnamento alla verifica in programma, all’esame di fine anno.
Ma cosa rimane fuori da una scuola sdraiata sui parametri Invalsi (per i quali, in ogni caso, non brilliamo, come competenza, in particolar modo nel Sud Italia)?
Rimangono fuori proprio le competenze che fanno di una persona un cittadino attivo, e non un analfabeta funzionale: la capacità di scegliere un libro interessante, e di immergersi nella lettura, la scelta di comprare un quotidiano, la capacità di valutare le proposte economiche e politiche nella loro (grandissima) complessità.

Per rispondere all’allarme dell’OCSE questo paese deve ribaltare il concetto stesso di competenza.
Una scuola dogmatica è una scuola che respinge, e che insegna senza insegnare.
Una scuola che costruisce e valorizza le competenze, invece, è una scuola capace di accogliere, e di insegnare gli strumenti di comprensione del mondo.
Un analfabeta può anche imparare a memoria che Napoleone Bonaparte nacque ad Ajaccio il 15 agosto del 1769, e che nel 1805 si promosse re d’Italia, ma non per questo avrà gli strumenti per accogliere ed analizzare la complessità della società in cui vive.
E anche lui, come i ragazzi che spesso la nostra scuola respinge – quelli che non vengono messi in grado neanche imparare le date a memoria – rischia di entrare a far parte di quel folto gruppo per i quali la guerra in Ucraina è un problema solo se aumenta la bolletta del gas.

Fonte http://www.wired.it/