Daily Archives: 2 dicembre 2015

CHIESETTA DI PIEDIGROTTA (UN POSTO DA VISITARE)

Chiesetta di Piedigrotta a Pizzo Calabro

Al centro dello splendido scenario del Golfo di Sant’Eufemia, nel territorio napitino, vi è una piccola grotta che offre al visitatore uno spettacolo unico nel suo genere.

La Chiesetta di Piedigrotta tra mito e leggenda, è il primo monumento in Calabria per continuità e numero di presenze ogni anno, e già da ben 3 anni supera di molto i famosi Bronzi di Riace. Arte, religione, antropologia e cultura, un mix perfetto che ha permesso di rendere nel tempo “A Madonneja” uno dei luoghi più belli e amati in tutto il mondo.

Dalla statale 522, scendendo per la scali¬nata in granito locale ci si incammina lungo un sentiero che costeggia il meraviglioso Basso Tirreno. Lungo il breve tratto si posso¬no ammirare le due sponde del Golfo ed una scogliera arenacea che non conosce eguali. La risacca del mare cristallino accompagna il visitatore giù alla chiesetta, “preparandolo” allo scenario che solo questo posto sa offrire. Dalla continua e nuda roccia piena di conchiglie, si passa ad una serie di profondità, bene articolate e complesse, con vari gruppi di statue, affreschi e chiaroscuri, che creano all’interno della grotta atmosfere cangianti e mistiche, che variano in base all’inclinazione dei raggi solari che filtrano all’interno grazie a delle “finestre-aperture” che sembrano ben studiate dai bravissimi e devoti scalpellini.

Tra Storia e Leggenda
Quando finisce la prima ed inizia la seconda… quello che si narra, che viene tramandato da centi­naia di anni e che, secondo i reperti risulta veritie­ro, è la storia del nubifragio avvenuto verso la metà del `600. Durante il viaggio di ritorno, lungo le co­ste napitine, un veliero con equipaggio napoleta­no, fu sorpreso e travolto da una violenta tempesta. Il comandante, che teneva nella propria cabina il quadro della Madonna di Piedigrotta, insieme con i suoi uomini fece un voto alla Vergine. In caso di salvezza, i superstiti avrebbero eretto una cappella al quadro miracoloso. Il veliero andò distrutto con­tro la scogliera di Pizzo, il carico, presumibilmente di corallo, perso negli abissi, ma tutto l’equipaggio col suo comandante toccarono riva sani e salvi, ed insieme con loro sulla spiaggetta, dove ora sorge la chiesetta, approdarono anche il quadro dell’Effige Sacra e la campana di bordo datata 1632. Gli scalpellini del luogo, che si recavano in quel­la zona per tagliare i blocchi non di “tufo”, ma di calcarinite calcirudite organogena (che servivano nel campo edilizio), posero il quadro in una grot­ta già esistente (quella dove oggi c’è il bar). Quel­la stessa grotta che loro usavano solitamente per ripararsi in caso di pioggia.

Si esclude, come ripor­tato in molti testi, la presenza dei pescatori locali, in quanto nella zona interessata (che non era colle­gata con nessuna strada carrozzabile col paese, ma solo con un piccolo e tortuoso sentiero), erano pre­senti solo le cave di calcarinite e non un rifugio o spiaggetta di pescatori. I primi in questo campo a “colonizzare” la zona ad un centinaio di metri più avanti dalla chiesetta, arrivarono solo verso il 1952, dando il nome alla spiaggia adiacente a quella di Piedigrotta, detta ancora oggi “spiaggia Malfarà”, che prese il nome dal primo pescatore che vi si insediò, appunto Bruno Malferà, al quale storpiarono il cognome in Malfarà. Si narra che altre due mareggiate successive, rubarono il quadro miracoloso da dove era stato sistemato, adagiandolo nel punto esatto in cui fu rinvenuto la pri-ma volta dopo il famoso naufragio.

Gli scalpellini capirono il volere della Madonna ed esattamente di fronte al rinvenimento nella nuda e liscia roccia cominciarono ad ingrandire una grotta naturale ivi esistente e conosciuta, con apertura più in alto. Scavarono a colpi di piccone la nuova residenza dell’Effige Sacra, ampliandola di volta in volta in caso di pioggia, dall’abside (antro naturale) verso il mare. Infatti, non potendo lavorare alle cave col brutto tempo, gli scalpellini passavano le loro ore picconando all’interno di Piedigrotta per ingrandire sempre di più la chiesa. Ciò viene testimoniato anche dai segni delle picconate, diversi di modo e periodo storico.

 

fonte:calabria.jblas

Come rinforzare i capelli con la birra

Non tutte le donne sanno che la birra può essere utilizzata per rendere luminosi e morbidi i propri capelli? Un ottimo rimedio naturale per rinforzare la tua chioma: ecco tutte le ricette da utilizzare!
La birra è conosciuta da tantissimi anni anche per i benefici che riguardano la tua bellezza: sapevi che la puoi utilizzare anche suoi tuoi capelli? Non molte lo sanno ma questa bevanda, oltre alle proprietà schiarenti è utile anche per rinforzare la chioma. Ecco come realizzare un lavaggio alla birra che renda più forti i tuoi capelli.
Per godere dei benefici della birra, la puoi applicare sui capelli dopo aver fatto un normale shampoo, massaggiandola bene tra le ciocche. Lasciala in posa avvolgendo i capelli in un asciugamano di cotone: se aspetti 5 minuti l’effetto dato da vitamina B, zuccheri e potassio sarà rinforzante, mentre se hai i capelli chiari e la lasci in posa per 20 minuti otterrai dei riflessi dorati sulla tua chioma. Sciacqua il tutto con acqua tiepida e procedi asciugando i capelli. Se hai i capelli grassi inoltre, puoi utilizzare la birra nell’ultimo risciacquo: miscela in una caraffa acqua calda e birra, e versala sulla chioma. In questo modo l’alcool contenuto nella birra combatterà l’eccesso di sebo.

fonte:qui<>

Chinuliji di Pizzo

chinnuliji

 

 

Chinuliji,dolci con ceci di Pizzo Calabro

I chinuliji sono dei dolci fritti ripieni con un impasto a base di ceci e frutta secca che si preparano tipicamente a Pizzo Calabro nel periodo di Natale. Sono dei fagottini con un sapore tutto natalizio in cui l’aroma della cannella e dei chiodi di garofano si sposa al calore del cioccolato: il ripieno è infatti molto ricco e vario. Ho lasciato il loro nome dialettale originale per rispettarne l’origine e la tipicità infatti “chinu” da noi significa pieno e questi dolcetti sono proprio belli pieni!!!

INGREDIENTI

Per il ripieno

350 g di ceci cotti e sgocciolati (conservare l’acqua di cottura)
65 g di zucchero
30 g di cacao amaro
65 g di noci sgusciate
65 g di mandorle tostate
65 g di nocciole
65 g di pinoli
50 g di uva passa
mezzo bicchiere di liquore strega
mezza stecca di cannella
2 chiodi di garofano
mezza bacca di vaniglia
mezza tazzina scarsa di caffè macinato
80 g di cioccolato fondente
Per l’impasto

330 g di farina 00
10 g di strutto
20 g di zucchero
150 ml di acqua di cottura dei ceci fredda
30 ml di vino bianco
un pizzico di sale

 

 

PROCEDIMENTO

Prepariamo il ripieno: frullare grossolanamente la frutta secca (noci, mandorle, pinoli, nocciole, uva passa) con il cioccolato fondente e mettere tutto in una ciotola. Aggiungere gli altri ingredienti ovvero i ceci schiacciati e passati al setaccio, lo zucchero, il cacao amaro, il liquore, i semi della mezza bacca di vaniglia, il caffè macinato ed infine la cannella ed i chiodi di garofano ridotti in polvere. Mescolare bene tutto e lasciare riposare il composto almeno 12 ore in frigo.

Chinuliji (dolce di ceci)

Prepariamo la pasta esterna: unire la farina con lo strutto, un pizzico di sale e lo zucchero e poi lavorare aggiungendo un pò per volta il vino e l’acqua dei ceci fredda. Tiriamo una sfoglia sottile e ricaviamo dei cerchi che riempiremo con un cucchiaino di ripieno, richiuderla a mezzaluna e friggere i chinuliji in olio profondo.

Chinuliji (dolce di ceci)

Servire cosparsi di zucchero a velo…buon dessert!!!

fonte:FORNELLI ROSSI(giallo zafferano)