Monthly Archives: dicembre 2015

In soli sette giorni con la dieta del limone Sgonfia la pancia

La dottoressa Martine Andrè“dieta del limone”, ha scoperto come questo agrume sia in grado di depurare l’organismo e far perdere peso in soli sette giorni, star come Beyoncé, Heidi Klum e Jennifer Aniston l’hanno provata con ottimi risultati.

Le regole da seguire con la dieta del limone

Ogni mattina appena sveglie e ogni sera prima di andare a dormire, bisogna bere la bevanda preparata con 30 cl di acqua, due cucchiai di succo di limone, due di sciroppo d’acero e un pizzico di peperoncino di cayenna.

dieta del limone

Questo mix sarebbe in grado di riattivare il metabolismo e favorire il transito intestinale, per questo motivo in sette giorni, i risultati sarebbero davvero ottimi, notando uno sgonfiamento dell’addome e una perdita di peso di almeno tre kg.

La dottoressa aggiunge anche il seguente menu da seguire ogni giorno per sette giorni:

– uno yogurt e due cucchiai di avena per colazione;
– otto mandorle e un altro bicchiere di succo di limone per lo spuntino di mezzo dì;
– un’insalata di verdure condita con limone e pane integrale o, in alternativa, una zuppa di legumi, o gamberetti e avocado per pranzo;
– verdura cruda o frutta fresca, più un paio di biscotti d’avena per merenda;
– pesce alla griglia condito con succo di limone e olio extravergine di oliva, oppure petto di pollo, o pasta integrale alle verdure per cena;
– la solita bevanda di limone prima di andare a letto.

Secondo alcuni esperti del settore, questa dieta è troppo drastica e non può essere seguita per più di un mese, inoltre, i kg persi potrebbero essere ripresi con facilità ritornando alle solite abitudini, inoltre, si potrebbe stare di cattivo umore per la mancanza di alcuni tipi di cibo e lo smalto dei denti potrebbe danneggiare per via dell’acidità del limone.

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Perchè si divorzia? Ecco le motivazioni dei divorzianti

Nessuno conosce meglio le motivazioni di un divorzio se non qualcuno che ha già divorziato, così abbiamo deciso di farvi sapere cosa pensano i divorzianti sulle cause che portano alla separazione.

Giappone, rare immagini di un calamaro gigante avvistato in un porto

Queste rare immagini di un calamaro gigante di 4 metri, della famiglia Architeuthida, sono state registrate dal network Ann News e da passanti nella prefettura di Toyama, sull’isola di Honshu, la vigilia di Natale. Solitamente questi calamari vivono in profondità ed è estremamente difficile imbattersi in un esemplare ancora in vita. E’ più facile infatti rinvenire le loro carcasse sulla spiaggia o quando ancora galleggiano sulla superficie dell’oceano

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Spaghetti al nero di seppia

 

Ingredienti
Per 4 persone:

400gr. Spaghetti
250gr. di seppie
3 spicchi d’aglio
1/2 bicchiere di vino bianco
1/2 bicchiere olio d’oliva
1 ciuffo di prezzemolo
peperoncino e sale

Preparazione

Pulire le seppie, avendo cura di conservare il sacchetto con il nero e tagliuzzarle. In un tegame soffriggere con l’olio gli spicchi d’aglio tritati, aggiungere le seppie e far prendere un bel colorito; versare il vino e fare evaporare. Unire i pomodori a pezzettini, regolare di sale e cuocere a fuoco moderato per 20 minuti.

A cottura quasi ultimata rifinire con una pizzicata di peperoncino, un trito di prezzemolo e colorare il condimento con il nero di seppia contenuto nel sacchetto.

Lessare gli spaghetti, scolarli al dente e maneggiarli nel tegame con le seppie. Servire in un piatto da portata, decorando con altro prezzemolo tritato.

USA: scoperto l’ormone che fa diminuire la golosità e permette di ridurre la voglia di dolci e alcol

Alcuni ricercatori statunitensi sono riusciti ad individuare un ormone che sarebbe in grado di prevenire l’eccessiva golosità ed il consumo di alcol. Al di là delle ovvie implicazioni positive per chi ha difficoltà a stare a dieta, una scoperta di questo tipo potrebbe essere molto utile per aiutare persone affette da diabete o obesità.

Come spiegato in uno studio pubblicato su Cell Metabolism, i ricercatori hanno analizzato il comportamento di un ormone denominato FGF21 (l’acronimo sta per “fattore di crescita dei fibroblasti”), che viene prodotto dal fegato in presenza di un alto consumo di carboidrati. Secondo gli scienziati della University of Iowa e del Southwestern Medical Center at Dallas della University of Texas, l’ormone entra nel flusso sanguigno, da dove invia un segnale al cervello per ridurre il consumo di zuccheri semplici. In parole povere: fa passare la voglia di mangiare dolci.

“I nostri risultati aumentano la possibilità che la somministrazione di FGF21 possa influenzare le preferenze in termini di cibo e di altri comportamenti mirati ad una ricompensa negli esseri umani, e che l’ormone possa essere utilizzato per curare l’alcolismo”, spiega Steven Kliewer del Southwestern Medical Center. I ricercatori nel loro paper riportano come, nei test eseguiti alla University of Iowa, i topi caratterizzati da elevati livelli di FGF21 abbiano mostrato una ridotta preferenza per i dolci e per l’acqua “corretta” con alcolici, così come un netto calo nei livelli di dopamina, un neurotrasmettitore che recita un ruolo centrale nei comportamenti di ricompensa.

Risultati simili sono stati ottenuti anche sulle scimmie che, durante dei test effettuati al Southwestern Medical Center con una versione sintetica dell’ormone, hanno mostrato una minore preferenza per i dolci. Inoltre, gli animali ai quali era stato somministrato l’FGF21 hanno fatto registrare un consumo di alcol inferiore rispetto a quelli che non avevano ricevuto l’ormone.

In effetti, l’FGF21 non è il primo ormone per il quale viene scoperta una capacità di regolare l’appetito: un analogo effetto era stato in precedenza osservato, ad esempio, per la grelina o la leptina. In questo caso si è però in presenza di un ormone in grado di agire su un solo specifico nutriente, nello specifico i carboidrati semplici. Oltre che per i dolci e per l’alcol, secondo i ricercatori esiste la possibilità che questo possa avere un effetto anche sul consumo di droghe, visto che i percorsi dei meccanismi di ricompensa sono simili

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Riciclare i regali di Natale? Non solo si può, fa bene a tutti

La gente non dovrebbe vergognarsi di dare a qualcun altro un dono che hanno ricevuto. Perché il “regifting è un modo per garantire che i doni siano diretti a chi saprà veramente goderne. E il tabù comincia a sgretolarsi

Regifting, riciclare i regali che non ci sono piaciuti. A Natale o in altre occasioni. È un tabù sociale, ma sempre più accettato. O almeno così dice la scienza psicologica. Qualche anno fa su Psychological Science alcuni ricercatori esplorarono il regifting sia dal punto di vista del donatore che del ricevente. Nello studio, 178 partecipanti sono stati divisi nei ruoli virtuali di donatore e ricevente. A tutti è chiesto di immaginare di avere ricevuto un orologio come un regalo di laurea. Sia ai donatori che ai riceventi è stato chiesto di immaginare che il ricevente avesse riciclato il regalo di laurea donandolo a un amico o che lo avesse gettato nella spazzatura. I risultati dissero i donatori considerano il regifting una reazione accettabile, mentre i riceventi se ne vergognano.

Perché questa asimmentria? Secondo i ricercatori, i riceventi ritengono che i donatori mantengono un residuo di diritto di proprietà sul regalo, argomento che i donatori non condividono perché pensano che i loro diritti sul regalo, una volta consegnato, siano svaniti. E quindi non giudicano le reazioni del ricevente.

Il Regifting non è sbagliato, scrive uno degli autori della ricerca, Gabrielle Adams dalla London Business School. È un modo per garantire che i doni siano diretti a chi saprà veramente goderne. La gente non dovrebbe vergognarsi di dare a qualcun altro un dono che hanno ricevuto.

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Gli uomini preferiscono le donne basse: Ecco il perché ?!!

Secondo una ricerca dello psicologo gert stulp dell’università di groningen gli uomini preferiscono le donne basse, non per una semplice questione di gusto, le motivazione di tale scelta sarebbero addirittura rintracciabili a livello genetico.

Secondo lo studio dell’ateneo olandese le donne basse tendono a scegliere uomini alti e gli uomini alti le donne basse. La teoria è stata confermata da un esperimento a cui hanno partecipato diecimila coppie inglesi.

Inconsciamente l’altezza di un uomo rappresenta per la donna una protezione necessaria, un certo livello socio
Culturale e una buona salute.
Al contrario la bassa statura della donna rappresenta per l’uomo un’ideale di tenerezza e amore.
Non è tutto.
Sembra infatti che gli uomini tendano a preferire le donne più basse perchè nel loro corpo c’è una maggiore presenza di estrogeni, gli ormoni femminili che sono invece ridotti nelle donne alte.

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Storia e storie del panettone

Le origini del panettone sfumano a tratti nella leggenda. Sono due le storie che godono di maggior credito:

  1. Messer Ughetto degli Atellani, falconiere, abitava nella Contrada delle Grazie a Milano. Innamorato di Algisa, bellissima figlia di un fornaio, si fece assumere dal padre di lei come garzone e, per incrementare le vendite, provò a inventare un dolce: con la migliore farina del mulino impastò uova, burro, miele e uva sultanina. Poi infornò. Fu un successo strabiliante, tutti vollero assaggiare il nuovo pane e qualche tempo dopo i due giovani innamorati si sposarono e vissero felici e contenti.
  2. Il cuoco al servizio di Ludovico il Moro fu incaricato di preparare un sontuoso pranzo di Natale a cui erano stati invitati molti nobili del circondario, ma il dolce, dimenticato nel forno, quasi si carbonizzò. Vista la disperazione del cuoco, Toni, un piccolo sguattero, propose una soluzione: «Con quanto è rimasto in dispensa – un po’ di farina, burro, uova, della scorza di cedro e qualche uvetta – stamane ho cucinato questo dolce. Se non avete altro, potete portarlo in tavola». Il cuoco acconsentì e, tremante, si mise dietro una tenda a spiare la reazione degli ospiti. Tutti furono entusiasti e al duca, che voleva conoscere il nome di quella prelibatezza, il cuoco rivelò il segreto: «L’è ‘l pan del Toni». Da allora è il “pane di Toni”, ossia il “panettone”.

Il panettone attraverso i secoli

Pietro Verri narra di un’antica consuetudine che nel IX secolo animava le feste cristiane legate al territorio milanese: a Natale la famiglia intera si riuniva intorno al focolare attendendo che il pater familias spezzasse “un pane grande” e ne porgesse un pezzo a tutti i presenti in segno di comunione. Nel XV secolo, come ordinato dagli antichi statuti delle corporazioni, ai fornai che nelle botteghe di Milano impastavano il pane dei poveri (pane di miglio, detto pan de mej) era vietato produrre il pane dei ricchi e dei nobili (pane bianco, detto micca). Con un’unica eccezione: il giorno di Natale, quando aristocratici e plebei potevano consumare lo stesso pane, regalato dai fornai ai loro clienti. Era il pan di scior o pan de ton, ovvero il pane di lusso, di puro frumento, farcito con burro, miele e zibibbo.

Alla fine del Settecento si verificò una novità inattesa: la Repubblica Cisalpina s’impegnò a sostenere l’attività degli artigiani e dei commercianti milanesi favorendo l’apertura dei forni, mondo di delizie in cui guizzavano indaffarati i prestinee, e delle pasticcerie, regno incantato degli offellee. Nel corso dell’Ottocento, durante l’occupazione austriaca, il panettone diventò l’insostituibile protagonista di un’annuale abitudine: il governatore di Milano, Ficquelmont, era solito offrirlo al principe Metternich come dono personale. La ricetta del panettone viene ripresa da Angelo Vergani nel 1944, fondatore della Vergani, azienda che ancora oggi produce il panettone a Milano.[4] Il poeta Pastori, uno dei più apprezzati poeti milanesi del ‘900, cita questo tipo di panettone in una delle sue poesie.

Panettone di San Biagio

A Milano, è tradizione conservare una porzione del panettone mangiato durante il pranzo di Natale, per poi mangiarlo raffermo a digiuno insieme in famiglia il 3 febbraio, festa di san Biagio, come gesto propiziatorio contro i mali della gola e raffreddori, secondo il detto milanese “San Bias el benediss la gola e el nas (San Biagio benedice la gola e il naso)” [6]. In questo giorno i negozianti per smaltire l’invenduto vendono a poco prezzo i cosiddetti panettoni di san Biagio, gli ultimi rimasti dal periodo festivo.

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Attenzione alla civetta!!

Un animale che, secondo la tradizione popolare, ha influssi molto negativi. La tradizione popolare, e ovviamente anche quella romagnola, è densamente popolata di superstizioni legate agli animali, credenze che li pongono spesso in buona luce, ma molto più sovente sotto una cattiva fama. 
Queste superstizioni sono state purtroppo la scusa per cacce indiscriminate o per ritorsioni violente contro il malcapitato di turno e non è raro trovare persone che ancora, ovviamente pur non credendoci!, mal sopportano certe presenze e non mancano di compiere qualche gesto scaramantico.
L’esempio forse più noto a tutti è quello del gatto nero che, quando si azzarda ad attraversarci la strada… sicuramente era meglio se rimanevamo a casa perché qualcosa di sicuro accadrà. Ma non è solamente il gatto a portar fastidi. Nella notte si annida, è il caso di dirlo, un altro potente nemico: la civetta.
 
Il canto della civetta
La civetta la conosciamo un po’ tutti, anche se forse i più non l’hanno mai vista dal ‘vero’ ma solamente riprodotta in qualche libro di scienze naturali. E’ un piccolo rapace notturno (già questo basterebbe per giustificare la pessima fama) il cui nome scientifico è immensamente poetico: Athene noctua.
Vive un po’ in tutta Italia (solo le Alpi si salvano dalla sua scomoda presenza) e si contraddistingue per il corpo tozzo e la testa grossa, con due occhi rotondi e gialli che mettono spavento e lunghe zampe ricoperte di setole. A guardar bene, di notte, in campagna, si può scorgere la triste sagoma appollaiata su un ramo emettere un lugubre canto e allora, direbbero i superstiziosi, occorre fuggire lontano e non rimanere nei paraggi. Ma perché?
 
Un animale che porta la morte
Questo animale, da secoli, spaventa a morte i contadini. Guai a ritrovarselo vicino casa, perché la disgrazia sarebbe stata imminente. La tradizione romagnola e la letteratura prodotta negli anni passati sulle superstizioni locali, hanno citato più volte la cattiva fama del simpatico rapace.
Padre Agostino da Fusignano, ad esempio, in un’opera data alla stampe nella seconda metà del Settecento, raccogliendo alcune delle credenze del contadino romagnolo, è estremamente chiaro su ciò che può fare la civetta:
“Se canta una civetta vicino a casa vostra, tenete per infallibile che i preti canteranno presto le esequie sopra uno dei vostri”.
Il canto della civetta era così il triste annuncio della morte di un famigliare: come poter volere bene ad un animale che porta una così triste notizia?
E a diffondere questo suo ‘vizietto funebre’ contribuirono anche letterati e poeti, che sprecarono parole sulle abitudini del rapace. Così, sarcastico, il grande Aldo Spallicci “an rid piò insuna! agli à ciapè spavent / dla zveta ch’ porta sgrezia a chi ch’ la sent” scrive in una poesia dialettale contenuta nella raccolta “La Zarladora”.
 
Una superstizione antica
Ma quando è nato l’odio verso la civetta? Molto tempo fa, tanto che una sua connotazione negativa la si trova già nella cultura classica. Nelle Metamorfosi di Ovidio, ad esempio, Asclalafo, figlio di Acheronte, il fiume degli Inferi, viene trasformato in una civetta maschio e, dopo la mutazione, altro non avrebbe potuto fare che predire il male. La civetta era ritenuta dai Romani così negativa che quando ne entrava una nel tempio di Giove Capitolino, occorreva purificarlo interamente.  Con tanta storia alle spalle dunque, ci si stupisce della pessima fama che ha mantenuto fino ad oggi?
Ma poi c’è anche il suo riscatto. Paradossalmente, nell’antica Grecia, la civetta era invece tenuta in grandissima considerazione come simbolo di vigilanza e di sapienza. Per questo era uno degli animali sacri alla dea Atena, dea della sapienza e della saggezza, dalla quale non si separava mai.

scoperto il meccanismo che fa sentire sazi

Siete affamati? scoperto il meccanismo che fa sentire sazi

Il senso di sazietà sarebbe collegato ai batteri presenti nell’intestino, uno studio mostra cosa regola il meccanismo

Siete affamati? scoperto il meccanismo che fa sentire sazi – Cosa ci fa sentire sazi e cosa invece regola il meccanismo della fame? Lo mostra un nuovo studio intitolato “Gut Commensal E. coli Proteins Activate Host Satiety Pathways following Nutrient-Induced Bacterial Growth” e pubblicato su Cell Metabolism, che si è concentrato sulla presenza, nell’intestino, di specifici batteri in grado di comunicare con il nostro organismo e di regolare la volontà di assumere o meno alimenti.

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